That’s Amore Italia a Modica

Modica. 29 Settembre 2013.

La campagna attorno a Modica somiglia all’Irlanda, se non fosse per gli ulivi e per le masserie. Le cave antiche di rocce calcaree sporofondano nel terreno, creando terrazzamenti o vere e proprie fenditure profonde e dolci.
Vaghiamo ammirati per quasi un’ora, perdendoci tra i “trizzeri” , le stradine che si aprono tra i campi e che arrivano fino ad agglomerati di due, massimo tre case.
Finalmente raggiungiamo i nostri amici Denyse e Roberto, che hanno inventato That’s Amore Italia, ovvero un modo per far assaporare ai viaggiatori i borghi del nostro paese, nelle case ristrutturate tipiche del territorio e facendo vivere loro delle esperienze che fanno parte della vita di tutti i giorni di chi li abita. Li avevamo già incontrati al confine Sloveno, a Muggia, una vita fa, o forse solo due settimane fa, o forse solo 2 o 3mila chilometri indietro. E ora li ritroviamo identici, in cima alla salita che porta alla “casa dell’artista”.
Ci accolgono con il loro entusiasmo e i loro sorrisi e siamo contenti, perché con loro ci sentiamo come a casa. Evviva! E’ proprio quello in cui crediamo: “valorizzare il territorio facendolo vivere come se fosse casa tua. In fondo di non luoghi ce ne sono tanti, e questo rende quasi inutile spostarsi. Invece se riesci a ricreare delle condizioni familiari e quotidiane, allora davvero ti rendi conto delle bellezze, delle difficoltà, delle peculiarità del luogo in cui vivrai per qualche giorno”.
La Masseria in cui ci ospitano sa tutta effettivamente di casa: l’accoglienza di Liliana, la mamma di Roberto, è cortese, espansiva e mai invadente. Ci spiega ha deciso di ristrutturare la masseria circa 20 anni fa, e da circa 10 anni ha scelto di ospitare i viaggiatori che da tutte le parti arrivano in Sicilia.
I muri di roccia calcarea, il pavimento in cotto grezzo, infissi, porte, armadi e soffitti in legno, gli oggetti e le ceramiche del tipico artigianato siciliano, donano alla casa un’atmosfera calda, accogliente e carica di storia.
E’ bello trovarsi qui, a Modica, è bello rivedersi. Da un capo all’altro dell’Italia, Denyse e Roberto si sono incontrati e sono partiti dalle loro case per diffondere la loro idea di un turismo diverso, che parta dalle abitazioni e dalla vita cosi’ come si svolge nel quotidiano.

Con loro, in un giorno pieno, facciamo un sacco di cose interessanti, e diamo anche un’assaggiata alle esperienze che offrono in abbinamento alle case. La loro scommessa, infatti, punta molto sulla possibilità di far scoprire e praticare ai turisti quelle usanze che rendono famoso il nostro paese in tutto il mondo e che sono legate alle tradizioni culinarie, che sono poi tradizioni culturali estremamente radicate. Così ceniamo insieme, mangiando le scacce fatte da Liliana e Roberto, assieme a Maria Concetta, una ragazza disposta addirittura a confidare il segreto della ricetta e che si occuperà delle lezioni di cucina da tenere presso il baglio – così si chiamano le masserie qui –  sotto un cielo di stelle luminose.

La mattina seguente, sveglia presto: saremmo andati a trovare Arianna Occhipinti, personaggio abbastanza noto che ha raggiunto il successo grazie alla produzione di vino biologico. Lo ha fatto qui, in Italia, in Sicilia, unendo una formazione professionale di alto livello al lavoro dei campi, il tutto combattendo la lotta per il fatto di essere una donna a fare quel lavoro, che principalmente è maschile. Andare subito a conoscere!
Quando arriviamo li’ ci si presenta una ragazza di trentuno anni, in abiti da lavoro, che rigira il mosto con l’aiuto di due ragazzi statunitensi e di una pompa elettrica. “Qui vengono sempre persone da tutte le parti del mondo, ma ora che mi sono trasferita da poco in questa nuova cantina ho preferito che venissero loro ad aiutarmi, perché già li conosco e loro conoscono il lavoro”.

Si vede subito dallo sguardo, dal modo in cui lavora che si tratta che si tratta di una donna piena di consapevolezza, di esperienza, di cocciutaggine. “Essere una donna mi ha addirittura avvantaggiata, dopo aver dimostrato di essere competente; soprattutto nella relazione e negli accordi con gli altri, dote in cui le donne hanno una marcia in più.”
Arianna è bella, è femminile, è una tosta, di quelle persone che non scende a quei compromessi cui ti incita un sistema tutto basato sul profitto facile e a poco costo. “Io non uso tecnologie, io uso la tecnica, e basta saper fare il proprio lavoro, conoscerne i segreti, studiare, studiare in modo approfondito per fare prodotti fatti bene, bene per davvero”.
Si è laureata in enologia a Milano e poi è tornata nella sua terra per mettere a frutto i suoi studi, che non sono rimasti teorici, ma sono diventanti le sue mani e la sua faccia sporche di mosto.
Ci dice che in verità cominciò già quando aveva vent’anni a fare vino, mentre era all’università e che i veri esami li ha dati subito sul campo, in tutti i sensi.
Ci tiene anche a farci vedere la masseria, proprio accanto alla cantina che sta facendo ristrutturare, dove si trovavano le vecchie cantine con i tini di cemento e ci spiega come si faceva il vino un tempo. Salendo al piano superiore sentiamo un rumore sordo e ci spaventiamo un po’, ma ci facciamo coraggio a vicenda e procediamo. Cinque sguardi attoniti, impauriti, interrogativi fissavano il barbagianni atterrato sul pavimento privo di sensi, dopo aver sbattuto contro il vetro di una finestra. Fortunatamente si rialza dopo poco e lentamemente riesce a spiccare il volo sulle vigne tutte attorno alla casa.
Ci guardiamo tutti sorridenti e ci piace pensare a quell’evento come una magia e un buon auspicio per tutti noi, che abbiamo studiato, abbiamo sofferto, abbiamo creduto e lottato e nonostante lo sfacelo che ci circonda sappiamo emozionarci, gioire, riconoscerci e amare profondamente la nostra terra.
Festeggiamo mangiando un chicco dell’uva messa sotto il sole per fare il passito e Arianna ci regala una bottiglia di ottimo vino. Denyse e Roberto contano di portare i loro ospiti da Arianna per le degustazioni in azienda. Ci parlano un po’, annuiscono e fanno cenni affermativi e il cerchio si chiude.

Senza aver costruito alberghi o casacce in cemento armato, senza aver inquinato e bistrattato il ciclo naturale delle cose con la chimica, senza aver dovuto rinunciare alla propria cultura, Denyse, Roberto e Arianna ci fanno vedere un piccolo esempio dell’ecosistema che ci piacerebbe prendesse il posto delle tante nefandezza a cui siamo ormai abituati.

  • tracciato siciliano
  • Sicilia
  • 28 e 29° giorno di viaggio

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