Una natura dura e al tempo stesso generosa dorme nelle vallate alpine. Case o interi borghi abbandonati per la corsa all’oro dell’industria del novecento si nascondono tra le rocce e le betulle, pronte a svolgere un nuovo ruolo nel mondo che succederà a quello che conosciamo, fondato sul petrolio e sullo scambio veloce delle merci.
Qualche ominide, bambini del tempo che viene, ha già iniziato la trasformazione. Beve l’acqua che viene dai monti, si scalda col fuoco, contempla sul tavolo le poche cose di cui davvero abbiamo bisogno, dopo aver lasciato le droghe della nostra epoca morente, a valle.
Qualche chilometro più in giù, dove il mondo cessa di essere in diagonale, l’uomo del novecento cerca di puntellare l’esistenza a cui è abituato, combattendo la concorrenza cinese, il traffico, la crisi, il caro vita. Tutti concetti che sfuggono ai castagni secolari, che erano qui molto prima del motore a scoppio e sapranno salutare, se saremo capaci, l’uomo nuovo.