Non mangiamo i gatti, ma nemmeno le bombe

Vicenza. 11 Settembre 2013.

Aver anticipato di una sera l’arrivo a Vicenza ci ha permesso di partecipare alla serata conclusiva del Festival No Dal Molin 2013, e ci siamo ritrovati così in una di quelle situazioni in cui la sfortuna a volte ha dei risvolti positivi.
Il presidio permanente contro la Base Militare NATO Dal Molin a Vicenza, nasce nel 2007, in seguito all’ultimatum da parte dell’ambasciatore statunitense per la costruzione della base. Da quella data il movimento è cresciuto e si è fatto conoscere non solo a Vicenza, ma in tutta Italia e anche fuori, ottenendo consensi sempre crescenti.
Il movimento però è fatto principalmente dai vicentini, che si sono ritrovati a dar vita a una vera e propria comunità, una piazza trasversale sia per età che per provenienza sociale, che per genere.

E’ stupefacente la presenza ben miscelata di donne, uomini, famiglie, adolescenti e universitari, tutti lì in quella che è stata una vera e propria festa, ma anche un momento di raccoglimento, di valutazione, di nostalgia, e difficile da affrontare, specie dopo la decisione di costruire ugualmente la Base Militare: una culla di armi di ogni tipo che l’Italia, a Vicenza, deve accettare per aver perso la guerra, in modo che gli Stati Uniti possano disporne come meglio ritengono, per costruire la seconda base logistica più importante, dopo il Pentagono, per il proprio esercito.
Evidentemente, questo, non è un problema vicentino, ma di chiunque sia italiano, e forse, a dirla proprio tutta, è una questione che riguarda chiunque. Già, perché avere sotto i piedi delle armi, imposte dalla peggior dinamica di potere che il Novecento ci ha lasciato in eredità – la colonizzazione – è una cosa che non piacerebbe a nessuno.

Ma il movimento No Dal Molin non è semplicemente un gruppo foltito di persone più o meno pacifiste. La consapevolezza che quell’esperimento militare, quell’esproprio di sovranità popolare, fa parte di un vecchio sistema economico e politico, legato a dinamiche di sfruttamento e sottomissione, è forte e chiara. Insieme al No, echeggiano vibranti i SI a un nuovo modello di sviluppo, che metta al centro l’autorganizzazione, il consumo e soprattutto la produzione critica, la valorizzazione, la cura e il rispetto per una terra che avrebbe da offrire frutti di vita e non di morte.
Ciò che stupisce del movimento, infatti, è l’organizzazione impeccabile e la cooperazione infallibile: ognuno fa qualcosa, svolge il suo compito, aiuta gli altri e si dedica alla riuscita di un nuovo e ulteriore passo in avanti della lotta. L’attenzione al consumo dei prodotti durante le cene e le feste, provenienti tutti dalla filiera corta, da aziende che coltivano in modo biologico e sostenibile, l’utilizzo di materiali riciclabili, la creazione di un Gruppo d’Acquisto Solidale, l’informazione e lo studio accurato, sia politico che giuridico, e la comunicazione precisa e puntuale, rendono il presidio No Dal Molin una vera e propria avanguardia.
Anche quando vanno in giro con le cesoie, reali o disegnate sulle magliette, lasciandosi accusare di violenza.
Come se missili e bombe e fucili e flotte di aerei militari fossero strumenti di sicurezza e di pace.

 

  • tracciato prealpino
  • Veneto
  • 10° giorno di viaggio

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