La scommessa del turismo intelligente
Dopo quarantasei giorni di viaggio si è ormai entrati in confidenza con lo spostamento continuo, con il conto dei chilometri e delle ore di cammino, con i numeri delle statali. E’ strano partire in un mattino di metà Ottobre per quella che si annuncia come l’ultima di una lunga serie di tappe. Il vento porta con sé le domande su ciò che è stato e su ciò che sarà, sugli inevitabili cambiamenti. Ed è un vento forte, teso: il maestrale, che spazza la costa selvaggia su cui si arrampica la Statale “Sud Occidentale Sarda”, che si snoda tra le miniere abbandonate della Costa Verde, fino a ridiscendere verso la piana di Oristano, le sue bonifiche e il loro dare-avere tra lavoro e natura, ossia la distruzione di zone umide fondamentali in cambio di terra da coltivare. Oristano fa da chiave di volta all’arco del litorale sardo che dà sul Mediterraneo: passata la città si entra nella fascia settentrionale, più edificata del Sulcis ma sicuramente ancora immersa in un paesaggio sublime, distante dalla Sardegna dei ricconi, delle ville, del consumo duro e puro di un luogo. Tutti questi concetti li incarna a perfezione il volto sorridente di Sebastiano, che ci raggiunge nel pomeriggio sulla spiaggia di Putzu Idu. “Non siete difficili da riconoscere!”, ride. In effetti Vespa e passeggeri sono abbastanza visibili, mettici anche che sul posto sono rimasti solo spariti gruppi di sempreverdi crucco-olandesi, che ci sono sembrati spesso tra i più abili nel cogliere questo paese e quello che può offrire. Trovare “quelli del Perimetro”, quindi, è abbastanza semplice.
Sebastiano è una persona davvero gradevole, che ha quel dono fondamentale di farti sentire non tanto a casa – che poi serve a poco se stai in viaggio – quanto in un luogo che può essere scoperto con gradualità e partecipazione, come un film fatto molto bene che già ti appassiona dai titoli di testa. “Sareste dovuti restare qui almeno una settimana”, ci spiega, e noi rispondiamo con il solito “purtroppo l’Italia è lunghissima e abbiamo dovuto regolarci con il tempo”. Il tempo. Un concetto relativo e personale, ma anche oggettivo e scientifico (lo spiega meglio di noi tale Bergson), che pochi hanno saputo maneggiare con il nostro nuovo amico. “Nessun problema, meglio vedere poche cose, ma vederle per bene e senza stess”. Stappa così un’icnusa e ce la porge, proprio sulla scogliera sopra cui sorge la casa in cui dormiremo, in faccia ad un tramonto quasi nordeuropeo. Grande Sebastià!
Inizia così il racconto della sua attività di operatore turistico, la scoperta di Viaggi e Miraggi, la scelta di abbandonare il suo posto di lavoro “in continente” e di tornare a casa, a lavorare nel luogo in cui è nato, per il luogo in cui è nato. Partendo dalla gestione di una fitta rete di alloggi, ha messo su un gruppo di professionisti con il preciso intento di rilanciare l’offerta turistica del posto, abbandonando l’idea della “Sardegna da cartolina”, come la definisce a ragione: quella del luogo caraibico da assaltare per quindici giorni ad Agosto. “Si possono fare moltissime esperienze quassù, tornare a casa accresciuti, scoprire l’anima di un luogo… altro che rintanarsi in un hotel!”. E poi in questo modo si può lavorare per buona parte dell’anno, tessendo reti sociali e lavorative e praticando quello che lui chiama “turismo intelligente”, ossia la visita di un luogo assieme a chi lo abita, acciuffando tutte le possibilità di cui dispone e vivendo un processo di integrazione e di scambio, e non di saccheggio o di occupazione.
“Ad esempio?”, gli chiediamo in cima alla bellissima torre che da sul sito di Tharros, il cui istmo divide il golfo di Oristano dalla costa settentrionale della Provincia. “Ad esempio andare a cavallo sulle scogliere, fare un giro in barca a vela, esplorare le montagne a ridosso del mare, oppure mangiare delle specialità del posto cucinate dai locali in un tavolo in mezzo al bosco; oppure passare la notte in un antico borgo di collina”. Tutte attività impraticabili, perché non scopribili, se si arriva qui catapultati dal traghetto o dall’aereo. Il sole tramonta a S’Archittu, tra le rocce bianchissime e un mare impetuoso. Assieme a lui, forse, inizia a inabissarsi la pratica della villeggiatura, la cui cultura ha devastato – ormai possiamo dirlo – buona parte della costa italiana, trasformando un paese definito da molti come uno più belli del mondo in un gigantesco ristorante di cemento. Chi resisterà a questo passaggio sarà gente come Sebastiano, aiutato da chi farà rete con lui, da chi sceglierà di tornare a Viaggiare in Italia e da un vasto piano di bonifica del territorio, in grado di liberarlo dagli scempi della cementificazione selvaggia.
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