Ex Fadda
Nel nostro peregrinare per la Puglia raggiungiamo la cittadina di San Vito dei Normanni. Una terra che eredita dal suo passato a latifondo una struttura a ragnatele dove i paesi sono dei grossi agglomerati e la campagna è perlopiù disabitata. Spostarsi da paese a paese è tanto facile quanto bello, soprattutto se si viaggia a 40 km/h. Ci sono solo sconfinati campi di ulivi secolari, terra coltivata a grano e muretti a secco. Poi, improvvisamente, appare sempre un centro abitato con il suo campanile, il suo prezioso centro storico e la sua brutta periferia in rapida e caotica espansione. Una costante.
San Vito dei Normanni, però, ha qualcosa di diverso. Qui c’è un posto che lo contraddistingue dalle altre cittadine: è l’ex Fadda, un luogo che fu un centro per il trattamento delle uve e che vive oggi una seconda giovinezza.
Divenuto proprietà dello Stato, lo stabilimento è stato al centro di una serie di tentativi di riutilizzo fino ad approdare nel 2012 nella rete di investimenti per le politiche giovanili che ha contraddistinto la Puglia degli ultimi anni.
Appena entriamo con la vespa ci troviamo di fronte ad un grosso stabile in pietra che brulica di ragazzi più o meno sui vent’anni: c’è chi scambia chiacchiere al bar, c’è chi utilizza una sala per fare delle riunioni, c’è chi va in sala prove con il gruppo. Incontriamo così Roberto, uno dei responsabili e degli ideatori del progetto, che ci conduce all’interno della struttura. Appena varcato l’ingresso ci rendiamo immediatamente conto di trovarci all’interno di un ganglo di creatività dove gli spazi che furono dedicati all’industria alimentare sono stati riutilizzati e ristrutturati con un’attenzione al riuso di materiali di scarto, sia di privati, sia di grosse fiere, come quella del Levante o della Biennale di Venezia. Un posto bello, dove il design e la cultura del riutilizzo dei materiali si sono fuse in una struttura aperta e accogliente, con un tasso di partecipazione importante. In effetti questo paese era probabilmente, in precedenza, uno dei tanti che costellano la pianura pugliese. L’apertura dell’ex Fadda ha richiamato intelligenze e risorse da tutta la provincia e in generale da tutta la regione, cambiando in questo modo il volto e le sorti del posto.
Per quanto riguarda una formula di politica giovanile nel 2013 ci troviamo di fronte, probabilmente, a un’operazione che ha quel sano obiettivo di aver preso il posto di un parcheggio o di un centro commerciale e di aver fatto spegnere la televisione a molti giovani del posto. Il segreto, ci spiega Roberto, è stato quello di aver saputo unire un investimento istituzionale a una forte dose di gestione e creatività di base, che ha messo in condizione gli abitanti del posto di realizzare alcune idee all’interno di un luogo ottimamente organizzato e adatto a diventare un centro nevralgico di relazioni e scambi umani. L’ex Fadda ricorda per certi aspetti alcuni luoghi deputati alla cultura che si possono incontrare in nord Europa, forse, quasi decontestualizzato, se non fosse per la struttura architettonica tipica di queste zone, sebbene particolare e protetta per le sue 18 volte a stella.
E invece siamo in Italia, tra l’altro in una regione del Sud che pur non vivendo i drammatici problemi di altre zone del meridione, sicuramente presenta tutte le difficoltà di un’area geografica da sempre in affanno economico e sociale rispetto ad altre parti del Paese. Continuando la nostra passeggiata all’interno della struttura veniamo a scoprire quali sono le attività che vi si svolgono. Per darne una visione d’insieme vale la pena di farne una sommaria lista: sala prove, corsi di musica, corsi di fotografia, sala esposizioni, spazio per concerti, ciclofficina, palestra, palestra per la scherma, una trattoria gestita da disabili e un orto sinergico (entrambi ancora in fase di costruzione) e una miriade di manifestazioni e progetti che chiamano qui in Salento persone, artisti, donne e uomini di cultura da tutte le parti d’Italia, mettendole direttamente in contatto con chi in queste terre principalmente agricole abita.
Ad ogni modo, la prova definitiva che qui l’exfadda ha ottenuto dei risultati importanti, sta nei gruppi di ragazzi che passeggiano negli spazi esterni ed interni dello stabilimento e che sembrano essere, in fondo, la vera anima del progetto. La maggior parte ha una bella faccia, di quelle che speri di trovare sempre.
Un simile risultato, come ci spiegano, si ottiene soltanto mettendo in condizione la comunità di fare la sua parte, di sentirsi effettivamente padrona di un simile luogo, pur restando un progetto “tra profit e no profit”, come spiega Roberto. Il progetto è quello di creare un tipo di controllo orizzontale che finisca “quasi per sparire”. Le istituzioni, insomma, arrivano fino ad un certo punto, poi sta alla cittadinanza. Un esempio che spesso va assunto nella sua accezione negativa e che, invece, qui trova un risvolto diverso, da cui vale la pena prendere tutti gli spunti possibili, senza dimenticare che l’utilizzo per assegnazione di un bene di proprietà pubblica permette di costruire economie capaci di abbattere il rischio d’impresa e, allo steso tempo, di fornire servizi a prezzi decisamente popolari. Ancora una volta, insomma, ci sentiamo di leggere in controluce l’incapacità del mercato liberista di garantire beni e servizi a tutti. E’ questo l’altro aspetto che, a nostro avviso, evidenzia l’esperienza dell’Ex-Fadda.
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