Zona 22
A San Vito Chietino, in Abruzzo, c’è un posto che si chiama Zona22. Si tratta di un posto “né pubblico né privato, è un posto semplicemente liberato”, come ci spiega Anna Lucia, che è lì ad aspettarci, nonostante il nostro deplorevole ritardo, dopo esserci persi tra i meandri delle colline marchigiane.
Si tratta di una vecchia stazione della ferrovia, ormai in disuso, che arriva fino a Vasto e ovviamente ha un fascino incredibile. La stazione serviva solo per la manutenzione dei vagoni, quindi i locali sono tanti e tutti portano i segni dell’antico ruolo per cui servivano. La prima cosa a cui hanno pensato è stata quella di mettere tutto in sicurezza, poi hanno cominciato a dedicarsi alle rifiniture e ai progetti.
Oltre a un bellissimo giardino con tanto di sdraio e palme che affaccia direttamente sul bar, ci sono una sala per i concerti (direttamente nei locali dell’alta tensione, dove negli armadietti resta il poco rame che chissachì non è riuscito a portarsi via), un ostello e una ciclofficina.
Anna Lucia ci mostra anche il locale che stanno attrezzando per la palestra popolare e un altro per la webradio. Accanto all’ostello si trova un prato dedicato al campeggio, in estate, e a pochi passi da lì c’è l’orto. Protagonista indiscusso, non ci stanchiamo di ripeterlo, di questo viaggio di scoperta.
Tutte le attività di Zona22 hanno un preciso intento culturale, sociale e politico. Ci dicono che in una cittadina di cinquemila abitanti riuscire a mantenere e a proporre uno spazio alternativo come quello non è facile, ma a loro le cose semplici non piacciono, specie quando questo è sinonimo della pigrizia lassista cui ci ha abituati un simile sistema economico.
Per questo hanno scelto di puntare sullo sport come modello di aggregazione ma anche di antirazzismo: con la polisportiva Arrembaggio hanno già dato vita a numerose squadre, formate da gente di ogni provenienza, piazzandosi anche a un buon posto nei vari tornei. Un altro progetto che stanno portando avanti è quello di trasformare i binari che passano proprio lì, per la stazione, in una pista tutta ciclabile, che arriverebbe dunque fino a Vasto. In questo modo le stazioni diventerebbero tutte un’occasione per creare uno spazio di sosta, di ritrovo, una ciclofficina e non solo si diffonderebbe sempre di più la cultura dello spostamento in bici, ma si riqualificherebbero anche tutte le stazioni della ex ferrovia locale, ricreando un tessuto sociale attorno a un progetto senza dubbio virtuoso.
Ci raccontano che molti bambini vanno spesso da loro per riparare le biciclette, che il campeggio e l’ostello sono stati presi d’assalto nella stagione estiva e che le persone finalmente stanno abbandonando le antiche rigidità che qualche forma mentis impone nei confronti di qualcosa che considera un “centro sociale”. Tutte vaghezze, che poi di fronte a un’identità tanto chiara e a progetti tanto consapevoli, decadono miseramente.
Anna Lucia ci spiega che il principale impegno è sul territorio: oltre a svolgere una funzione catalizzante per quanto riguarda il tessuto sociale, oltre alla riqualificazione di una zona lasciata a marcire, ridandole tutto il fascino, oltre a mostrare quali sono le pratiche di vita che conducono a forme autentiche di socialità e di sostenibilità, stanno portando avanti una battaglia che, sebbene riguardi il loro territorio, in realtà è una questione che tocca chiunque. Al largo delle coste di San Vito Chietino stanno per costruire la piattaforma petrolifera di Ombrina: “Per ora ci sono solo le piattaforme di carotaggio, ma il petrolio che c’è è poco e di bassa qualità”, ci dicono, quasi con una punta di commiserazione. E comunque, a parte questo, ci spiegano che loro si stanno battendo da anni per la realizzazione di un Parco Naturale in quella zona, alle foci del Sangro, “non come alternativa alla piattaforma di Ombrina, non per bloccare Ombrina, ma perché vogliamo il parco!”. Ci tengono a sottolineare. Il Parco infatti invece che creare un piccolo e breve indotto, offrirebbe posti di lavoro legati a nuove professionalità che guardino davvero al futuro sostenibile di questo pianeta, che ormai somiglia più a un gruviere, e, inoltre, offrirebbe migliori prospettive di vita in un territorio dove il paesaggio e la Natura hanno una ricchezza variegata e sana.
Insieme alla piattaforma il progetto prevede anche di cementificare tutto, per creare un Resort e un Porto Turistico, andando contro tutti i segnali che ci sta dando questa povera Terra e questa ancor più povera economia.
Per questo hanno scelto di dedicare alcuni spazi della vecchia stazione alla funzione di strutture ricettive che non solo promuovano la collettività, ma che sviluppino anche una formula di fruizione consapevole del posto dove “vai in vacanza”.
Tutta questa chiacchierata è avvenuta mentre passeggiavamo attraverso i vari locali di Zona22, al chiaro di luna. Siamo anche arrivati in spiaggia e abbiamo visto un trabocco, una di quelle casette di legno che i pescatori costruirono in tempo di crisi, per poter sia pescare sia andare sulla terraferma a coltivare. Accanto, delle rovine romane.
Tutto quanto quello che ci raccontavano era chiaro e pieno di consapevolezza, non solo di quello che non andava, ma soprattutto di come bisognerebbe fare per far funzionare le cose.
Siamo stati ospiti dell’ostello per una notte e siamo caduti in un sonno profondo, mentre provavamo a leggere maggiori informazioni sulla piattaforma di Ombrina. Si sentiva il rumore del mare e quello di un picchio.
Improvvisamente all’alba ci svegliamo, un po’ contrariati. Rumori assordanti di enormi macchinari provenivano proprio dal porto.
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